Cosa significa progettare giardini oggi

Il giardino è la proiezione dell’immaginario e delle emozioni di ognuno di noi, del pensiero e delle speranze, ma è anche il laboratorio delle conoscenze, delle tecniche e delle sperimentazioni del suo tempo, proprio perché un giardino non è mai uguale ma si evolve continuamente.

Il nostro compito è dare forma a questo sogno, creare composizioni armoniose e affascinanti, ricercare soluzioni innovative, funzionali e sostenibili nel tempo, dar vita a opere integrate con l’ambiente circostante dove siano coinvolti tutti e cinque i sensi e dove ritrovare il benessere e l’armonia in rapporto con la natura.

Per far questo bisogna essere professionisti appassionati, sensibili e creativi tanto quanto tecnici, scientifici e rigorosi, saper pianificare e progettare paesaggi nello spazio e nel tempo identificando, e rendendo compatibili, le caratteristiche naturali, i valori storico-culturali e i requisiti tecnico-economici con le esigenze umane e quelle dell’ambiente.

Il nostro lavoro è la sintesi di un insieme di conoscenze che va dall’agronomia e dalla botanica alla storia del paesaggio e delle arti, dall’ecologia e dalle relazioni uomo-ambiente alle esigenze architettoniche e ingegneristiche del paesaggio, dall’analisi e dalle indagini sull’ambiente alla capacità di comunicare e rappresentare un’idea, dall’estetica e dalla conoscenza dei materiali naturali e artificiali alla funzionalità del progetto e al rispetto delle normative e delle procedure.

Dal punto di vista operativo il servizio di progettazione offerto dallo Studio Tovaglieri è un percorso composto da vari step, dallo studio della fattibilità dell’idea iniziale, all’esecuzione effettiva del lavoro, alla consegna al committente con le indicazioni di manutenzione per la conservazione nel tempo di quello che è stato creato. Approfondiremo le fasi della progettazione nelle prossime news, continuate a seguirci!

Stagione 2017 in anticipo di 15 giorni con rischio di gelate tardive

Quest’anno la stagione è in anticipo rispetto alle medie annuali, è un fatto facilmente intuibile anche senza conoscere le statistiche grazie alle giornate belle e calde che si sono susseguite. La risposta delle piante alle alte temperature prolungate è stato un anticipo di circa 15 giorni nell’apertura delle gemme, nella comparsa delle foglie e nelle fioriture, in confronto all’epoca mediamente prevista. E se i cicli vegetativi corrono, corrono anche le problematiche! In tutti i settori del verde.

Nei giardini sono comparsi i parassiti defogliatori perché le foglie da attaccare ci sono ormai da giorni. Prima fra tutti i parassiti la famigerata piralide del bosso, Glyphodes perspectalis: non  solo è comparsa, in alcuni casi abbiamo osservato la veloce maturazione fino al quinto stadio larvale delle piralidi che hanno svernato.

Sulle siepi di lauroceraso e sulle rose è presente il mal bianco, favorito anche dalla mancanza di pioggia. Nei prati ben esposti al sole il pabbio è spuntato e si sviluppa con velocità, situazione spesso osservata verso la fine di aprile. Per chi non ha ancora fatto il primo trattamento antigerminello consigliamo di intervenire subito, anche durante la pioggia.

E per i viticoltori quest’anno il programma dei trattamenti fitoiatrici del vigneto è anticipato di almeno due settimane rispetto allo scorso anno: la gemme della vite si sono aperte e la crescita dei germogli è rapida, è necessario prevedere trattamenti settimanali contro peronospora e mal bianco già da subito.

Il problema non sono solo i parassiti e le malattie: quando la stagione anticipa è elevata la probabilità di successivi abbassamenti di temperatura con conseguenti gelate o colpi di freddo su fioriture e vegetazione in stadio avanzato. In questo caso è possibile intervenire con trattamenti antistress e biostimolanti per recuperare i danni e favorire la ripresa delle piante.

Contattateci per consigli più dettagliati sui trattamenti, e seguite la pagina facebook del nostro partner Giardivendolo per quanto riguarda la parte pratica della scelta dei prodotti e delle modalità di applicazione.

 

Serena Tentorio

Concimare il prato all’inizio della primavera

Quando si comincia la manutenzione annuale del prato? I tappeti erbosi nelle regioni del Nord Italia sono principalmente composti da essenze graminacee microterme, tipi di erba cioè che vanno in riposo vegetativo sotto i 7°C e sopra i 30°C. Perciò finito il gelo e con le prime giornate tiepide di fine inverno-inizio primavera l’erba si sveglia ed è…affamata.

Le prime due concimazioni dell’anno sono fondamentali e si somministrano concimi ad alto titolo di azoto. Come si sceglie il concime giusto? I concimi specifici per tappeto erboso sono concimi minerali che apportano azoto a lenta cessione, fosforo, potassio e talvolta anche altri elementi nutritivi. Il “titolo” del concime indica il rapporto tra i tre principali elementi (azoto.fosforo.potassio – N.P.K). Esempi di titoli di concimi ad alto tenore di azoto sono: 20.5.8, 25.0.10, 26.5.11.

La prima concimazione del prato dell’anno si effettua nel mese di marzo, già all’inizio del mese se il clima lo permette come quest’anno. La seconda concimazione è consigliata dopo circa 45-50 giorni. Il tappeto erboso cambia aspetto: rinverdisce, infittisce, chiude i piccoli “buchi”, soffoca le prime piccole infestanti a foglia larga. Una concimazione mirata, accompagnata da tagli regolari già da marzo-aprile, è la prima e più efficacie strategia di controllo delle infestanti (quasi come un diserbo) perché se il prato è ben stabilizzato e compatto non troveranno posto per svilupparsi né le erbacce a foglia larga né lo sgradito pabbio.

Sperimentate e vedrete i risultati!

 

Carlo Fornara

Utilizzo dei Prodotti Fitosanitari nelle aree pubbliche urbane

Le novità introdotte dalla nuova normativa sull’uso dei prodotti fitosanitari (Piano di Azione Nazionale del 22 gennaio 2014) stanno portando ad una rivoluzione nel mondo dei trattamenti fitoiatrici alle piante, non solo nel settore agricolo ma anche nella gestione delle aree verdi urbane. Le misure riportate al paragrafo A.5.6. del PAN sono dedicate alle aree normalmente frequentate dalla popolazione, tra cui parchi e giardini pubblici, campi sportivi, cimiteri, superfici in prossimità di strutture scolastiche e strutture sanitarie, zone di interesse storico-artistico. La filosofia è “ridurre l’uso dei prodotti fitosanitari o dei rischi connessi al loro utilizzo nelle aree frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili ricorrendo a mezzi alternativi (meccanici, fisici, biologici), riducendo le dosi di impiego e utilizzando tecniche e attrezzature che permettano di ridurre al minimo la dispersione nell’ambiente”. In particolare la normativa è categorica sull’uso di prodotti diserbanti (A.5.6.1.): sono vietati e da sostituire con metodi alternativi nelle zone frequentate dalla popolazione. E in ambiente urbano rimanda la questione alle “autorità locali competenti” che definiranno le aree sensibili in cui il chimico è assolutamente vietato oppure ammesso in un contesto di lotta integrata.

Il nocciolo della questione è che in ambiente pubblico diventa necessaria una figura competente che possa prescrivere dove, quando e quali trattamenti con prodotti fitosanitari possono essere effettuati, tenendo in considerazione il nuovo regolamento, il rischio effettivo di un prodotto fitosanitario specifico, le caratteristiche del sito da trattare e… la volontà del sindaco. Il quadro è notevolmente complesso! Questa figura che deve destreggiarsi agilmente sia nella burocrazia che nelle tecniche agronomiche è il Consulente Fitosanitario, abilitato ai sensi della Direttiva 128/2009 a livello europeo, recepita poi a livello nazionale e regionale (Piano di Azione Regionale, della Lombardia, del  Piemonte, ecc.).

Il Dott. Andrea Tovaglieri, titolare dello Studio Tovaglieri, ha conseguito l’abilitazione a Consulente Fitosanitario e lo Studio si occupa di redigere per le amministrazioni pubbliche ricette personalizzate per la gestione e la cura del verde urbano nel rispetto della sicurezza dei cittadini e dell’ambiente.

Quando una proprietà diventa un bosco

Non è una battuta per descrivere un giardino poco curato o troppo fitto di piante… può accadere che un terreno abbandonato diventi un bosco a tutti gli effetti se in esso si insediano specie arboree e arbustive tipiche del bosco. E, in genere, questa è una cosa da evitare (a meno che non sia voluta) in quanto comporta non poche complicazioni per il proprietario. Le proprietà a rischio sono i terreni agricoli che non vengono più coltivati oppure i terreni edificabili ed edificati non utilizzati: diventano così terreni fertili in cui, se non vengono effettuate operazioni di manutenzione ordinaria, possono germinare e svilupparsi spontaneamente Robinie, Ailanti, Prunus serotina, Sambuchi, Biancospini…e altre essenze forestali pionieristiche caratterizzate da grande adattabilità ai diversi ambienti pedoclimatici, velocità di crescita e velocità di diffusione. In alcuni casi basta che una proprietà di 2000 m2 sia coperta per il 20% da specie forestali di almeno 5 anni per poter essere classificata come bosco secondo le Norme Forestali della Regione Lombardia.

Cosa comporta la classificazione a bosco? I boschi sono vincolati dal punto di vista paesaggistico (art. 142, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004) e regolamentati precisamente dal punto di vista delle utilizzazioni: ad esempio non è possibile effettuare tagli senza autorizzazione, non sono consentite la rimozione dei ceppi, la movimentazione di terra e altre tipologie di intervento. E soprattutto, riportare il bosco alla condizione di terreno coltivato, edificato o edificabile (come era in origine) è una vera e propria pratica di trasformazione d’uso del bosco, cioè una pratica che deve essere redatta da un professionista abilitato e che prevede compensazioni piuttosto onerose. Insomma tante scartoffie e tante spese.

Lo Studio Tovaglieri si occupa delle pratiche di trasformazione d’uso del bosco e della classificazione dei soprassuoli arborei ed arbustivi individuando la procedura autorizzativa corretta per la realizzazione degli interventi. I boschi sono sink di biodiversità fondamentali nell’ecosistema e portano benefici a tutta la collettività, è importante porre attenzione alla loro qualità ed al loro sviluppo ma anche evitarne l’insediamento in aree inopportune e indesiderate.

Fare l’orto tra tradizione e tecnica

Sempre più persone si avvicinano e si appassionano all’orticoltura: coltivare un pezzettino di terra per produrre verdure e aromatiche non è solo un mestiere da nonni e pensionati. Come mai? Forse piace l’idea di produrre per il proprio consumo qualcosa di veramente genuino, di recuperare una tradizione, di avere un hobby “verde”, che fa lavorare all’aperto quasi tutti i mesi dell’anno, che insegna a rispettare i tempi della natura… Tutto vero, ma attenzione, l’orticoltura non può essere solo poesia. Per iniziare un piccolo orto famigliare può bastare un pezzettino di terra, qualche nozione di base e tanta buona volontà ma anche l’hobbista più motivato si disaffeziona al lavoro se non ottiene i risultati sperati. L’autoproduzione di alcuni ortaggi può essere un notevole risparmio economico confronto all’acquistarli e questo è un aspetto concreto e allettante per iniziare a preparare un orto. Il nostro consiglio, per chi si approccia alla coltivazione sia famigliare per l’autoconsumo che semiprofessionale, è quello di affrontare razionalmente le prime operazioni di messa a coltura per partire con il piede giusto: analizzare il terreno per valutare se è adatto alla coltivazione degli ortaggi così com’è o se necessita di ammendati e correttivi; pianificare le coltivazioni più adatte alle condizioni pedoclimatiche e gli avvicendamenti colturali; organizzare gli spazi. Produrre secondo natura non significa per forza affidarsi al caso e sperare che qualcosa cresca, soprattutto se il terreno di partenza è acido, povero di nutrienti e privo di sostanza organica. Il mercato mette a disposizione numerosi prodotti che contengono ammendanti naturali, microrganismi utili, sostanze di origine biologica che se applicate alle coltivazioni orticole già nelle prime fasi di sviluppo fanno la differenza, portano alla produzione di ortaggi più sani (evitando l’uso a posteriori di insetticidi e fungicidi!), più nutrienti, più saporiti…e più soddisfacenti.

Poi, una volta impostata la produzione con criteri agronomici validi, c’è anche spazio per sperimentare e per darsi…alla poesia.

Vi aspettiamo per approfondire questo tema venerdì 7 aprile alle 21.00 presso la nostra sede di Golasecca (VA): “Orto: impostare una produzione semiprofessionale”.

Endoterapia arborea: curare gli alberi con un’iniezione

L’idea che sta alla base della tecnica dell’endoterapia arborea è molto semplice: iniettare un principio attivo attraverso il tronco di un albero e sfruttare il movimento naturale dei fluidi nei vasi linfatici per traslocarlo in tutte le parti della pianta. Come fare? Le tecniche e le strumentazioni si sono evolute nel tempo, passando da sistemi a bassa pressione che infondevano lentamente nelle piante alti volumi di prodotto (delle vere e proprie flebo) fino all’impiego di pistole che iniettano piccole quantità di principio attivo ad alta pressione in pochi minuti.

I prodotti registrati per l’endoterapia sono principalmente insetticidi e questa pratica è straordinariamente efficacie contro parassiti celeberrimi degli alberi ornamentali e forestali come la processionaria del pino, la processionaria della quercia, la cameraria dell’ippocastano, gli afidi del tiglio, la psilla dell’albizzia.

I vantaggi dell’endoterapia rispetto ai tradizionali trattamenti alla chioma sono facilmente intuibili: nessuna dispersione di prodotto nell’ambiente; utilizzo di piccole quantità di prodotti fitosanitari; velocità e agilità di applicazione, fondamentale nel caso di lunghe alberate cittadine, alberi difficilmente raggiungibili, piante in aree sensibili; durata della copertura del trattamento fino a due stagioni.

Limiti di applicazione? L’endoterapia è sconsigliata su alberelli di piccolo diametro (inferiore a 10 cm) e su alberi in cui l’apparato vascolare è compromesso da parassiti, malattie o danni meccanici. L’albero deve essere “in succhio”, per garantire la traslocazione della linfa e del prodotto iniettato fino agli apici della pianta, perciò alle nostre latitudini l’endoterapia è consigliata da aprile a settembre, sia per le latifoglie che per i sempreverdi.

Lo Studio Tovaglieri propone un seminario teorico-pratico per i professionisti che vogliono conoscere e approfondire la tecnica dell’endoterapia arborea, in particolare con la strumentazione Quick Jet, venerdì 24 marzo dalle 9.00 alle 12.00 presso la nostra sede di Golasecca (VA).

Quando l’indagine visiva di un albero non basta

Chissà quante volte ci è capitato, durante un’uscita domenicale al parco o percorrendo un viale cittadino di notare un albero cavo. Una domanda sorge spontanea! Questi alberi sono sempre spacciati oppure vi è un modo per conservarli senza che possano diventare pericolosi per le persone e le cose? In casi come questi è indispensabile cercare di capire quale sviluppo abbia la cavità, quanto si estenda ma, soprattutto, monitorare la quantità di legno sano residuo. Come fare?

L’indagine visiva, per quanto approfondita e svolta nel rispetto delle metodologie e degli standard del settore, spesso non basta perché non permette di “entrare dentro la pianta” ma solo di osservarne il guscio più esterno. Ecco che, dove non arriva l’osservazione arriva la tecnologia! Molti sono gli strumenti ad oggi in commercio che consentono di effettuare un maggiore approfondimento dell’albero, fornendo preziose informazioni circa lo stato di integrità del suo legno interno. La tomografia sonica, metodo di indagine non invasivo, sfrutta la velocità di propagazione di un’onda sonora all’interno del mezzo legno grazie all’azione di passaparola esercitato da una catena di sensori tra loro comunicanti ed interagenti. In considerazione del fatto che ogni mezzo possiede parametri di velocità di propagazione del suono propri e che il suono si trasmette in modo diverso nel legno sano e nel legno degradato, impostando la specie di appartenenza dell’albero e la sua forma, sarà possibile ottenere un grafico specifico che fotografi, in ogni sezione indagata, la condizione del legno interno dell’albero. Una risposta precisa si ottiene solo con un livello adeguato di approfondimento! Prima di abbattere un albero, pensa ad una possibilità alternativa, i tecnici dello Studio Tovaglieri sono a tua completa disposizione.

 

Martina Roncalli

 

Due indagini resistografiche a confronto: albero sano a sinistra e albero malato a destra.

Quando un albero del vicino si ritiene pericoloso, cosa si può fare?

Un albero di grosse dimensioni, radicato nella proprietà del vicino, inclinato verso il tetto della propria casa, dà parecchio da pensare, soprattutto durante i frequenti ed intensi temporali estivi. “Speriamo che non cada!” La speranza è lecita ma affidarsi a tecnici qualificati permette di avere molte conoscenze e garanzie in più…

Nelle casistiche in cui si teme un danno, la soluzione da privilegiare, consiste nel dialogo tra le parti per giungere ad una soluzione condivisa e, generalmente, poco onerosa. Dove questa strada non sia percorribile è importante affidarsi ad agronomi esperti nell’interpretazione della normativa e con un background di conoscenze tale da permettere una chiara identificazione della criticità e stabilire la miglior strategia da seguire.

In caso di danno temuto a cose e persone è possibile appellarsi al Codice Civile, che nell’articolo 1172, definisce quanto segue:

“1172. Denunzia di danno temuto. – Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l’oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto all’autorità giudiziaria e ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo”.

La denunzia di danno temuto può essere meglio espressa da una comunicazione scritta (perizia) a firma di un agronomo abilitato che identifica le problematiche e i fattori di rischio per la proprietà. A seguito dell’elaborato tecnico il proprietario dell’albero “pericoloso” ha, davanti a sé, due strade da percorrere: la prima consistente nella rimozione immediata del pericolo (in questo caso l’albero); la seconda consistente nella predisposizione, da parte di un tecnico di parte abilitato, di una specifica perizia che valuti le caratteristiche dendrologiche, strutturali e fitosanitarie dell’albero mediante approfondite analisi sia visive sia strumentali. Il lavoro del tecnico di parte certificherà lo stato di salute della pianta e il reale rischio di danni, al fine di provvedere ad eventuali interventi volti alla riduzione del rischio (potature, trattamenti al piede) per conservare, se tecnicamente possibile, l’albero in sicurezza e fugare i timori del vicino.

Lo Studio Tovaglieri, grazie alla grande esperienza maturata negli anni, è in grado di fornire consulenza specifica ed altamente specializzata nelle casistiche descritte al fine di garantire la sicurezza dei luoghi e la serenità sia dei proprietari che dei vicini!

 

Federico Bonetti

Tappeto Erboso – è possibile una gestione Bio delle avversità?

È il sogno di tutti avere intorno alla propria casa un tappeto erboso perfetto senza utilizzare prodotti chimici. Un prato “biologico” in cui adulti, bambini e animali possono stare senza restrizioni: ora non è solo un mito creato dalla paura del chimico; è un obiettivo verso cui tendere secondo la legge! La recente normativa nazionale sull’uso dei prodotti fitosanitari (Piano di Azione Nazionale, Decreto del 22 gennaio 2014) parla chiaro: utilizzare sempre meno prodotti fitosanitari. Passare da tutto a niente, soprattutto nel verde ornamentale, è impensabile; la legge potrà essere rispettata e capita se il primo passaggio sarà cambiare l’approccio al problema.

Nella gestone del tappeto erboso (e anche delle altre coltivazioni, ornamentali e produttive!) l’iter consueto è sempre stato: ho un’erbaccia, un parassita, una malattia, faccio un trattamento e risolvo. La nuova mentalità deve essere: programmo tutte le cure necessarie affinché nel mio prato non si presentino erbacce, parassiti e malattie così da evitare i trattamenti. Questo significa ricordarsi che l’erba si ammala meno ed è più competitiva contro le erbacce se ben nutrita, tagliata e irrigata con criterio e regolarità. Una gestione corretta del tappeto erboso è già una gestione biologica!

La legge non dice di non prendere mai più in mano un prodotto fitosanitario: le tappe da percorrere sono usare prodotti fitosanitari solo se necessario e prediligere quelli a minor impatto, cioè meno tossici per tutti, ambiente, persone, animali. Questo nel tappeto erboso può concretizzarsi con la scelta di un diserbante antigerminello contro il pabbio piuttosto che di un selettivo post-emergenza perché richiede meno applicazioni; oppure nell’affidarsi a tecnici esperti per sapere che alcune malattie fungine possono essere facilmente debellate con una concimazione azotata senza ricorrere al fungicida.

Ricordiamoci che il tappeto erboso è un sistema artificiale e non naturale, non può essere conservato in maniera performante senza continui interventi colturali. Lo Studio Tovaglieri propone un piano di gestione del tappeto erboso orientato verso “il biologico”, così come lo abbiamo descritto, e dedicherà a questo argomento il seminario serale di venerdì 3 marzo presso la nostra sede di Golasecca (VA) e la lezione di pratica in campo di sabato 11 marzo.

 

Serena Tentorio