SCUDOTHERM protegge le piante dal gelo

Il gelo! Dopo due anni di inverno mite, quest’anno le temperature gelide non ci danno tregua. Molte colture non autoctone delle nostre zone non hanno la capacità di resistere a lungo alle basse temperature. Le parti più erbacee come gli apici dei rami negli olivi si allessano sotto la continua pressione del gelo e già si vedono i danni. Vado oltre: un aggiuntivo problema, purtroppo sottovalutato, causa gravi danni alle colture erbacee, è la disidratazione. D’inverno?  Si, la causa è dovuta al terreno completamente gelato che blocca totalmente l’attività delle radici, mentre le temperature diurne, quasi gradevoli al sole diretto, riscaldano le foglie delle piante sempreverdi, promuovendo, anche se minimamente, l’attività fotosintetica e la traspirazione. Il mancato assorbimento di acqua da parte delle radici provoca un’inesorabile disidratazione delle piante.

Rimedi? Uno solo, si chiama SCUDOTHERM. Un prodotto a base di un copolimero autoreticolante, non tossico e biodegradabile. Una volta diluito in acqua e irrorato con spray direttamente su tutta la superficie delle piante, forma una membrana semi-permeabile che esercita una funzione protettiva dagli sbalzi di temperatura e dai danni da gelo. La membrana, incolore e inodore, possiede caratteristiche di flessibilità ed elasticità che garantiscono il perfetto adattamento a tutta la porzione aerea della pianta. Permette di ridurre considerevolmente la perdita di acqua da parte della pianta per traspirazione, così da ridurre notevolmente il rischio di ghiacciate superficiali. SCUDOTHERM permette inoltre di ridurre tutte le ustioni cellulari causate da brinate, da sbalzi repentini di temperature e dalla disidratazione causata dal vento e dai raggi solari diretti. La sua protezione dura fino ad un mese.

Proteggete le vostre piante.

 

Carlo Fornara

Le distanze di alberi e siepi dai confini di proprietà

L’erba del vicino è sempre più verde…e gli alberi del vicino sono spesso troppo “vicini” e invadenti.

La prima può essere una filosofica metafora sull’invidia, la seconda è una realtà concreta che pone questioni di sicurezza, pulizia e limitazione alla fruizione degli spazi.

Se i rapporti con i vicini sono cordiali, si può trovare una soluzione con il buon senso; se il compromesso non si raggiunge in prima persona, diviene importante ricorrere alla consulenza di un agronomo in grado di analizzare super partes” la situazione e fornire l’adeguata consulenza tecnico-giuridica per la risoluzione della questione.

In dettaglio, l’articolo 892 del Codice Civile definisce le distanze da rispettare in caso di semina o impianto di un’essenza nelle vicinanze del confine della proprietà (come riportato nella news “Alberi e Strade: un connubio possibile?”): oltre il confine potrebbe esserci un’area pubblica oppure il giardino del vicino.

Se il confine tra le proprietà è segnato da una recinzione di rete o di legno, le distanze da rispettare non mutano. Se invece c’è un muro divisorio può non essere necessario rispettare le distanze, a patto che le piante a confine vengano mantenute ad un’altezza che non superi la sommità del muro.

In caso di mancanza del rispetto delle distanze il vicino può esigere che gli alberi e le siepi impiantati vengano estirpati (art.894). Nel caso di un nuovo impianto è facile valutare se le distanze sono illegali. Ma se il vicino chiede l’abbattimento di alberi già esistenti e di grande circonferenza, da dove si misurano le distanze? L’art. 892 dice chiaramente che “la distanza si misura dalla linea di confine alla base esterna del tronco dell’albero nel tempo della piantagione, o dalla linea stessa al luogo in cui fu fatta la semina”.

E se i rami di un albero di grandi dimensioni, radicato a distanza regolare nella proprietà adiacente alla mia, si protendono nel mio terreno? Questa può essere considerata una situazione problematica oppure vantaggiosa: se, per esempio, si tratta di un tiglio che crea disagio alla caduta delle foglie, per legge posso obbligare il vicino a potarlo. Se invece i rami protesi sono di un noce carico di frutti, “se gli usi locali non dispongono diversamente”, le noci (se non se le sono mangiate gli insetti o i ghiri) cadute sulla mia proprietà mi spettano di diritto!

Lo Studio Tovaglieri, ormai da 25 anni assiste privati, enti pubblici, aziende e studi legali nelle questioni riguardanti la vegetazione di confine. La casistica dell’esperienza maturata è incredibilmente ampia!

 

Federico Bonetti

Alberi e strade: un connubio possibile?

Se riflettiamo sui tempi passati non possiamo non pensare alla maestosità e alla bellezza del famoso viale degli Champs – Elysèes di Parigi o del caratteristico paesaggio toscano in cui si riconoscono le geometrie e le sagome del Viale dei Cipressi del Bolgheri.

In considerazione dell’evidente successo sperimentato con queste soluzioni viabilistiche, i viali alberati sono diventati una realtà piuttosto comune sia in ambiente cittadino che al di fuori dello stesso.

Una domanda sorge però spontanea, possiamo transitare in questi viali in tutta sicurezza oppure gli alberi posti a margine della carreggiata possono diventare pericolosi?

Esistono delle norme che regolano la distanza degli alberi dalla carreggiata, se si quali?

L’articolo 893 del Codice Civile cita: “Per gli alberi che nascono o si piantano nei boschi, sul confine con terreni non boschivi, o lungo le strade o le sponde dei canali, si osservano, (…) i regolamenti e, in mancanza, gli usi locali. Se gli uni e gli altri non dispongono, si osservano le distanze prescritte dall’articolo 892 del Codice Civile (Distanze dal confine – 3 metri per le piante di alto fusto, 1,5 metri per le piante non di alto fusto e mezzo metro per le viti, gli arbusti, le siepi vive, le piante da frutto di altezza non maggiore di due metri e mezzo)”.

Inoltre, per gli alberi posti in ambiente cittadino, occorre considerare le Norme imposte dall’Art. 18 del Nuovo Codice della Strada (D.L. 30 aprile 1992 n. 285 e s.m.i.): Le recinzioni e le piantagioni dovranno essere realizzate in conformità ai piani urbanistici e di traffico e non dovranno comunque ostacolare o ridurre, a giudizio dell’ente proprietario della strada, il campo visivo necessario a salvaguardare la sicurezza della circolazione.”

Nel caso in cui viale si trovi fuori dai centri abitati “la distanza dal confine stradale da rispettare per impiantare alberi lateralmente alla strada, NON può essere inferiore alla massima altezza raggiungibile per ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo vegetativo e comunque NON inferiore a 6 m.” (art.26 del Regolamento di Attuazione del Codice della Strada).

Oltre alle distanze minime valide per l’impianto dei nuovi alberi bisogna considerare anche i viali alberati esistenti prima dell’entrata in vigore delle suddette norme.

Di fondamentale importanza è il costante ed attento monitoraggio di questi alberi da parte di tecnici competenti e la tempestiva segnalazione e risoluzione delle problematiche che dovessero di volta in volta presentarsi.

Intervenendo efficacemente ed in modo solerte sarà possibile ridurre il verificarsi di pericolosi incidenti, prendersi cura del patrimonio vegetazionale esistente e, quando occorre, provvedere alla graduale sostituzione degli alberi malati o morti, al fine di garantire anche alle generazioni future di godere dei benefici che gli alberi in ambiente urbano sono in grado di garantire sulla vita dell’uomo.

 

Martina Roncalli

Quando tagliare un bosco diventa complicato, chiama un professionista!

Abbiamo detto, nelle scorse news, che chi vuole tagliare un bosco ha, nei casi più semplici, due obblighi: rispettare la stagione silvana e presentare una denuncia di taglio informatizzata rivolgendosi ad un soggetto abilitato a tale operazione. Che cosa può complicare la procedura?
In Lombardia le Norme Forestali Regionali contenute nel Regolamento Regionale n° 5 del 2007 e nelle successive modifiche ed integrazioni, sviscerano caso per caso l’iter da intraprendere se, per esempio, il bosco è radicato in un parco regionale oppure se la superficie su cui effettuare il taglio è maggiore di un ettaro. Il ruolo di un professionista agronomo o forestale non è solo districarsi nella complessità della casistica e seguire il procedimento conseguente, ma anche redigere e firmare i documenti richiesti dalla normativa e indispensabili per completare la pratica.
Il Regolamento del 2007 ha messo in evidenza un’altra figura professionale fondamentale: l’impresa boschiva. Se chi è proprietario di un bosco da tagliare non è in grado di effettuare il taglio autonomamente, è bene che si affidi a ditte specializzate. Ricorrere a questo servizio diventa obbligatorio per i tagli su superfici più grandi di un ettaro e/o per asportare una massa di legname superiore a quanto previsto dalle Norme Forestali Regionali. In Lombardia esiste un Albo regionale delle imprese boschive, recentemente aggiornato, che comprende attualmente circa 300 iscritti distribuiti in tutte le province.
La  gestione di un bosco è spesso un costo se confrontata al misero ricavo derivante dalla legna che ha ormai raggiunto prezzi risibili quando venduta “in piedi”. Se oltre al misero guadagno si aggiungono i fastidi, gli inconvenienti e spesso le “rogne”, allora si comprende quanto sia utile affidarsi sin da subito a professionisti della materia, che magari, ma non è detto, riducono ulteriormente la marginalità, ma certamente evitano errori, reati e prese in giro.

Gestire il verde pubblico – siamo tutti Agronomi!

Cosa ci vuole a gestire il verde pubblico? Nei programmi elettorali di tutte le liste candidate alla amministrazione dei comuni, gli spazi verdi, i parchi, gli alberi sono in cima alle priorità di riqualificazione e tutti promettono di farlo meglio dell’attuale gestione incapace di organizzare le risorse e di risolvere i problemi! Oramai con internet sono tutti agronomi! Il sindaco, gli assessori, i giornalisti e anche i cittadini, tutti amano il verde e lo sanno fare perché il nonno di ognuno faceva il contadino o aveva la vigna con il trattore! Ne ho viste a decine, anzi a centinaia.

Eppure il verde, la sua qualità, quello che dovrebbe dare beneficio alla vita urbana, è sempre peggio! Perché? Eppure oggi governa quello che ieri si lamentava ed ora si lamenta quello che governava prima. Come mai il problema non si risolve e non migliora alcunché, anzi si percepisce un verde pubblico sempre più trascurato? I costi di gestione del verde pubblico sono così aumentati (come in tutti gli altri settori) perché si pagano sempre più persone per dire cosa fare (me compreso!) piuttosto di persone che concretamente fanno!!! L’Amministrazione dovrebbe dare gli obiettivi, originali quanto uno vuole, ma dimensionati a quello che c’è in cassa; il Tecnico del comune (uno e non 3 o 4), deve tradurre in atti giuridico – tecnici gli obiettivi dell’Amministrazione, magari consigliato da un buon agronomo scelto in base al curriculum e sulla fiducia e non su una gara dove vince chi fa meno perché vale meno; le Imprese del verde devono essere imprese con la I maiuscola, ovvero organizzate, preparate, dotate e aggiornate, attente al personale e con passione per il proprio lavoro; i cittadini possono e devono fruire sempre con rispetto il verde pubblico, anche quando non è comodo e può creare qualche naturale inconveniente come le foglie che cadono nel proprio giardino.

Quando si pianta un albero ci si dimentica che è un essere vivente, che i primi anni richiede tante cure per crescere bene ed in sicurezza, che crescerà come Madre Natura lo ha formato, che in ambiente urbano verosimilmente andrà potato e che si ammalerà e potrà anche morire ed essere sostituito. Un albero in città può costare nella sua vita media stimata in 60 anni, circa 3.500 €. Se piantiamo alberi pensando al presente (sotto tutti gli aspetti) senza preoccuparci della sua gestione vitale e dei suoi costi, come possiamo pretendere un buon verde urbano al servizio dei cittadini?

 

Andrea Tovaglieri

Facciamo sopravvivere le orchidee regalate a Natale

Il termine “orchidee” comprende un gruppo di piante tropicali molto diverse tra loro. Le caratteristiche comuni sono i fiori molto colorati e sgargianti, la lunga durata della fioritura, le esigenze di umidità e temperature. Le tecniche di coltivazione variano notevolmente da un genere all’altro. Oggi parliamo di Phalaenopsis (le foto proposte ne riportano i fiori, le foglie e le radici) l’orchidea più nota e più…regalata a Natale.

La Phalaenopsis fiorisce da novembre ad aprile e può avere fino a tre fioriture annue. Se è arrivata a casa vostra come regalo è in fioritura. Cosa fare per conservarla? Fondamentale è trovare le condizioni ambientali ideali: luce ma non sole diretto, temperature sempre tra i 17 e i 24 gradi e umidità nell’aria. Se in casa l’aria tende a essere secca a causa del riscaldamento si consiglia di nebulizzare spesso con acqua le foglie e le radici dell’orchidea.

L’irrigazione può essere fatta con diverse tecniche: nebulizzare il substrato, metter a bagno il vaso per alcuni minuti, creare un film di acqua in un sottovaso con argilla espansa. L’importante è non far mai seccare completamente il substrato né creare ristagno idrico. Le radici della Phalaenopsis possono saldarsi al terriccio per avere sostegno e nutrimento ma anche sollevarsi e fuoriuscire dal substrato per cercare aria e luce. Lo stato delle radici è il primo segnale del benessere dell’orchidea: se le radici aeree non sono bianco-verdi ma giallastre, brune o tendono a seccare, probabilmente c’è un eccesso o una carenza idrica.

Il substrato delle orchidee in genere è in gran parte inerte, perciò gli elementi nutritivi basilari per la vita della pianta devono essere periodicamente forniti con la concimazione. Si consiglia una somministrazione del concime per via radicale, sciogliendo o diluendo un concime idrosolubile o liquido nell’acqua di irrigazione.  Quanto concime e quale scegliere? La dose dei concimi liquidi dipende dalla diluizione del prodotto ed è indicata in etichetta. La dose di un concime idrosolubile varia normalmente da 0,5 a 1 grammo per litro di acqua. Il concime va scelto in base alla fase vitale in cui si trova la Phalaenopsis: per favorire la ripresa vegetativa dopo un periodo di stasi intervenire con due o tre concimazioni ad alto titolo di azoto; per favorire l’induzione a fiore (in autunno) scegliere un concime ad alto titolo di fosforo e potassio. Durante il resto dell’anno somministrare un concime bilanciato. Non accontentiamoci di far sopravvivere le nostre Phalaenopsis! Vogliamo vederle a lungo fiorite e rifiorite. Approfondiremo questo tema nelle prossime newsletter.