Quando l’indagine visiva di un albero non basta

Chissà quante volte ci è capitato, durante un’uscita domenicale al parco o percorrendo un viale cittadino di notare un albero cavo. Una domanda sorge spontanea! Questi alberi sono sempre spacciati oppure vi è un modo per conservarli senza che possano diventare pericolosi per le persone e le cose? In casi come questi è indispensabile cercare di capire quale sviluppo abbia la cavità, quanto si estenda ma, soprattutto, monitorare la quantità di legno sano residuo. Come fare?

L’indagine visiva, per quanto approfondita e svolta nel rispetto delle metodologie e degli standard del settore, spesso non basta perché non permette di “entrare dentro la pianta” ma solo di osservarne il guscio più esterno. Ecco che, dove non arriva l’osservazione arriva la tecnologia! Molti sono gli strumenti ad oggi in commercio che consentono di effettuare un maggiore approfondimento dell’albero, fornendo preziose informazioni circa lo stato di integrità del suo legno interno. La tomografia sonica, metodo di indagine non invasivo, sfrutta la velocità di propagazione di un’onda sonora all’interno del mezzo legno grazie all’azione di passaparola esercitato da una catena di sensori tra loro comunicanti ed interagenti. In considerazione del fatto che ogni mezzo possiede parametri di velocità di propagazione del suono propri e che il suono si trasmette in modo diverso nel legno sano e nel legno degradato, impostando la specie di appartenenza dell’albero e la sua forma, sarà possibile ottenere un grafico specifico che fotografi, in ogni sezione indagata, la condizione del legno interno dell’albero. Una risposta precisa si ottiene solo con un livello adeguato di approfondimento! Prima di abbattere un albero, pensa ad una possibilità alternativa, i tecnici dello Studio Tovaglieri sono a tua completa disposizione.

 

Martina Roncalli

 

Due indagini resistografiche a confronto: albero sano a sinistra e albero malato a destra.

Quando un albero del vicino si ritiene pericoloso, cosa si può fare?

Un albero di grosse dimensioni, radicato nella proprietà del vicino, inclinato verso il tetto della propria casa, dà parecchio da pensare, soprattutto durante i frequenti ed intensi temporali estivi. “Speriamo che non cada!” La speranza è lecita ma affidarsi a tecnici qualificati permette di avere molte conoscenze e garanzie in più…

Nelle casistiche in cui si teme un danno, la soluzione da privilegiare, consiste nel dialogo tra le parti per giungere ad una soluzione condivisa e, generalmente, poco onerosa. Dove questa strada non sia percorribile è importante affidarsi ad agronomi esperti nell’interpretazione della normativa e con un background di conoscenze tale da permettere una chiara identificazione della criticità e stabilire la miglior strategia da seguire.

In caso di danno temuto a cose e persone è possibile appellarsi al Codice Civile, che nell’articolo 1172, definisce quanto segue:

“1172. Denunzia di danno temuto. – Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di temere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l’oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto all’autorità giudiziaria e ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo”.

La denunzia di danno temuto può essere meglio espressa da una comunicazione scritta (perizia) a firma di un agronomo abilitato che identifica le problematiche e i fattori di rischio per la proprietà. A seguito dell’elaborato tecnico il proprietario dell’albero “pericoloso” ha, davanti a sé, due strade da percorrere: la prima consistente nella rimozione immediata del pericolo (in questo caso l’albero); la seconda consistente nella predisposizione, da parte di un tecnico di parte abilitato, di una specifica perizia che valuti le caratteristiche dendrologiche, strutturali e fitosanitarie dell’albero mediante approfondite analisi sia visive sia strumentali. Il lavoro del tecnico di parte certificherà lo stato di salute della pianta e il reale rischio di danni, al fine di provvedere ad eventuali interventi volti alla riduzione del rischio (potature, trattamenti al piede) per conservare, se tecnicamente possibile, l’albero in sicurezza e fugare i timori del vicino.

Lo Studio Tovaglieri, grazie alla grande esperienza maturata negli anni, è in grado di fornire consulenza specifica ed altamente specializzata nelle casistiche descritte al fine di garantire la sicurezza dei luoghi e la serenità sia dei proprietari che dei vicini!

 

Federico Bonetti

Tappeto Erboso – è possibile una gestione Bio delle avversità?

È il sogno di tutti avere intorno alla propria casa un tappeto erboso perfetto senza utilizzare prodotti chimici. Un prato “biologico” in cui adulti, bambini e animali possono stare senza restrizioni: ora non è solo un mito creato dalla paura del chimico; è un obiettivo verso cui tendere secondo la legge! La recente normativa nazionale sull’uso dei prodotti fitosanitari (Piano di Azione Nazionale, Decreto del 22 gennaio 2014) parla chiaro: utilizzare sempre meno prodotti fitosanitari. Passare da tutto a niente, soprattutto nel verde ornamentale, è impensabile; la legge potrà essere rispettata e capita se il primo passaggio sarà cambiare l’approccio al problema.

Nella gestone del tappeto erboso (e anche delle altre coltivazioni, ornamentali e produttive!) l’iter consueto è sempre stato: ho un’erbaccia, un parassita, una malattia, faccio un trattamento e risolvo. La nuova mentalità deve essere: programmo tutte le cure necessarie affinché nel mio prato non si presentino erbacce, parassiti e malattie così da evitare i trattamenti. Questo significa ricordarsi che l’erba si ammala meno ed è più competitiva contro le erbacce se ben nutrita, tagliata e irrigata con criterio e regolarità. Una gestione corretta del tappeto erboso è già una gestione biologica!

La legge non dice di non prendere mai più in mano un prodotto fitosanitario: le tappe da percorrere sono usare prodotti fitosanitari solo se necessario e prediligere quelli a minor impatto, cioè meno tossici per tutti, ambiente, persone, animali. Questo nel tappeto erboso può concretizzarsi con la scelta di un diserbante antigerminello contro il pabbio piuttosto che di un selettivo post-emergenza perché richiede meno applicazioni; oppure nell’affidarsi a tecnici esperti per sapere che alcune malattie fungine possono essere facilmente debellate con una concimazione azotata senza ricorrere al fungicida.

Ricordiamoci che il tappeto erboso è un sistema artificiale e non naturale, non può essere conservato in maniera performante senza continui interventi colturali. Lo Studio Tovaglieri propone un piano di gestione del tappeto erboso orientato verso “il biologico”, così come lo abbiamo descritto, e dedicherà a questo argomento il seminario serale di venerdì 3 marzo presso la nostra sede di Golasecca (VA) e la lezione di pratica in campo di sabato 11 marzo.

 

Serena Tentorio

Chi può comprare i prodotti fitosanitari?

Tutto parte dalla Direttiva 128/2009 del Parlamento Europeo che inaugura un’azione comunitaria ai fini dell’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Le linee guida disegnano uno scenario nuovo, tra cui colpiscono la distinzione fra prodotti fitosanitari per utilizzatore professionale e per utilizzatore non professionale, l’obbligo di avere una abilitazione sia per l’acquisto che per l’utilizzo dei prodotti, chiare indicazioni per lo smaltimento dei prodotti revocati, inutilizzabili e per le confezioni esauste. Ci sono voluti alcun anni e decreti intermedi per approdare ad un Piano di Azione a livello Nazionale in Italia (PAN di gennaio 2014) che regolarizza nel dettaglio la vendita, l’acquisto e l’uso dei prodotti fitosanitari secondo quanto previsto dalla Direttiva Europea.

Tuttora però manca un decreto legge completo e definitivo per quanto riguarda la regolamentazione dei prodotti fitosanitari destinati all’utilizzatore non professionale e la campagna 2017 si è aperta nell’incertezza.

Chi può comprare cosa? In sintesi la situazione è questa:

–        Ai fini dell’acquisto e dell’uso dei prodotti fitosanitari è un utilizzatore professionale non è solo chi “utilizza i prodotti fitosanitari nel corso di un’attività professionale” (chi ha la partita iva), ma chiunque è in possesso dell’abilitazione all’acquisto e all’utilizzo dei prodotti fitosanitari (il vecchio “patentino”). Questa persona ha la possibilità di acquistare ed utilizzare qualunque fitofarmaco sul mercato, indipendentemente dal fatto che lo usi per lavoro o per hobby. È un soggetto formato e quindi si presume che sappia quello che fa!

–        Chi non ha il patentino può acquistare i prodotti che non appartengono ad alcune categorie di pericolo, ovvero gli ex molto tossici, tossici e nocivi, e gli equivalenti secondo al nuova etichettatura CLP, ormai in circolazione da più di un anno.

Sembra semplice, chiaro e sensato, ma ci sono alcuni aspetti che rendono questa situazione paradossale: l’utilizzatore professionale può comprare tutto se ha il patentino, ma, se non ce l’ha, non può comprare niente! Perché la legge dice espressamente che “l’utilizzatore professionale che acquista, per sé o per conto terzi, prodotti fitosanitari e coadiuvanti deve essere in possesso di specifico certificato di abilitazione all’acquisto e all’utilizzo” (art.9, D.Lgs. 150/2012). Tutti i prodotti fitosanitari, senza distinzione di pericolosità.

Al momento l’hobbista senza certificato di abilitazione può acquistare ancora gran parte dei prodotti sul mercato. Il Decreto in arrivo restringerà notevolmente il ventaglio di prodotti vendibili a chi non ha il patentino perché saranno solo ed esclusivamente quelli con riportato in etichetta “prodotto non professionale”. In attesa di completare il puzzle ed avere una visione definitiva e sicura sul mercato futuro, chi compra prodotti fitosanitari si rivolga alle rivendite specializzate e aggiornate sui cambiamenti in corso!

Calcitare o non calcitare?

Chi sa cosa vuol dire? Lo spiego brevemente, la calcitazione è un intervento di correzione dell’acidità dei terreni, la si ottiene somministrando carbonato di calcio.

I nostri terreni, per natura geologica, sono privi di carbonati di calcio e di magnesio; questa caratteristica determina un pH fortemente acido o acido con valori variabili dal 4,5 al 5,5.

L’acidità del terreno comporta una serie di problematiche alle piante tra cui la difficoltà ad assorbire molti elementi minerali magari presenti ma non assimilabili dai vegetali. Il tappeto erboso, come le colture orticole e frutticole, esige un intervallo di pH tra il 6,2 ed il 7,5 per poter assorbire correttamente tutti gli elementi nutritivi necessari.

L’apporto di carbonato di calcio anno dopo anno tampona gradualmente l’acidità del terreno (modificare il pH del tappeto erboso in maniera repentina non è un bene!) ed apporta calcio disponibile per l’erba, rendendola più resistente alle malattie ed agli stress climatici.

Correggere il pH del terreno verso un valore più vicino all’ideale permette anche ai micro-organismi utili naturalmente presenti nel terreno del prato, di agire meglio, umificando e mineralizzando più velocemente la sostanza organica: l’accumulo di sostanza organica indecomposta è una delle prime cause delle malattie del tappeto erboso!

Operativamente la calcitazione è un operazione semplicissima, come una concimazione granulare: il carbonato di calcio è un piccolo granulo facile da distribuire sul tappeto erboso con un carrello spargitore oppure a mano tra febbraio e marzo.

 

Carlo Fornara

Ristrutturazione dei giardini: una necessità ed una opportunità

Se si possono ristrutturare gli edifici e le case, perché non è possibile farlo con i giardini? I giardini crescono ed invecchiano, diventando spesso sempre più piccoli a causa del normale accrescimento delle piante e non rispondendo più alle esigenze della vita di oggi, differente da quella di ieri, anche perché nel frattempo siamo cresciuti anche noi, non tanto in dimensioni, ma in esigenze. La scelta di piante sbagliate effettuata a suo tempo, la macchina più grande o più macchine, la necessità di vedere bene per la sicurezza o non farsi vedere per mascherare il condominio costruito da poco che ci guarda in casa, il vicino antipatico o rumoroso, la vecchiaia che ci toglie un po’ di forza per la manutenzione; questi sono alcuni dei motivi perché è utile ristrutturare un giardino.

Quando ci chiamano per progettare la ristrutturazione di uno spazio verde che non risponde più alle esigenze o ai gusti di chi lo vive, ci si domanda quali piante e infrastrutture (viottoli, camminamenti, muretti …) possono essere conservate per essere valorizzate diversamente e quali cose invece devono essere tolte perché onerose da mantenere oppure non rispondenti più alle funzioni per cui erano state originariamente impiantate o predisposte. Si pensi agli alberi di una certa dimensione che per paura di schianti vengono capitozzati o tagliati con forme innaturali come un cedro potato a forma di panettone! Queste non sono ristrutturazioni, ma motivi per farsi guardare male da tutti. Ristrutturare un giardino significa ripensarlo per essere più piacevole, più funzionale, meno costoso da mantenere, più utile all’ambiente urbano e naturale. La ristrutturazione del giardino è l’opportunità di poterlo vivere meglio, come fosse un prolungamento della casa, un altro locale che non è noioso perché cambia ad ogni stagione! Si legge sui giornali che anche la ristrutturazione del giardino verrà incentivata da quest’anno come per gli interventi di edilizia: bene! Appena saranno certe le misure economiche di incentivazione, ve ne renderemo conto.

Andrea Tovaglieri